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Operazione Gerione (4p): il blitz di Villa Savoca.

In rosso la regione di Pullach
In rosso la regione di Pullach

Il blitz interforze programmato per la mattina del 14 ottobre 1994 nella villa di Savoca porterà ad una svolta epocale nelle indagini.

La mattina di quello stesso giorno si tenne un breafing interforze presso gli uffici della polizia di Monaco di Baviera. A costituire il gruppo erano in tutto dodici uomini delle varie forze di polizia: due carabinieri, due uomini della polizia greca e otto di quella tedesca. Relativamente ad Antonino Savoca, era noto agli inquirenti che questi viveva in una villa a tre piani, nei sobborghi a sud di Pullach im Isartal, in una zona boscosa e tranquilla dell’Alta Baviera, a sud di Monaco. La villa era stata preventivamente posta sotto sorveglianza, in modo discreto per non destare sospetti. Così come erano già stati effettuati in modo altrettanto riservato alcune incursioni all’interno della stessa, per avere maggiori informazioni logistiche ed una mappatura dettagliata della casa e del giardino circostante.

Quest’ultimo si presentava con un’alta siepe e diversi alberi secolari su di un prato inglese ben curato. La squadra arrivò a Pullach im Isartal verso le sette del mattino. Il tempo non era dei migliori, minacciava pioggia.

La villa di Savoca era al termine di una tranquilla strada di periferia, aveva il tetto spiovente e la mansarda. Quanto tutto fu pronto, gli uomini, in perfetta uniforme, circondarono il perimetro, il capitano tedesco responsabile delle operazioni suonò il campanello.

La voce che rispose era inequivocabilmente quella di Savoca, aprì la porta.

Era di piccola corporatura e dal viso tondo, la carnagione olivastra, Savoca indossava una camicia blu e dei Jeans. Di genitori messinesi, Savoca era nato a Cernobbio.

Mentre l’ufficiale leggeva i diritti a Savoca, informandolo che poteva chiedere l’assistenza di un avvocato, anche se la polizia non ne doveva attendere l’intervento per espletare le proprie attività ispettive, Savoca rimase, tutto sommato, tranquillo. Tutt’altra cosa fu l’atteggiamento di Doris Seebacher, la moglie di Savoca. Una vera e propria furia. Nella villa erano presenti inoltre i due figli dei coniugi e la madre di Savoca.

 

La perquisizione

Appena a fianco della porta di ingresso, vi era un enorme studio sulla destra, al centro del quale campeggiava una grande scrivania, ai lati librerie colme e una vetrina che illuminava alcune statuine apparentemente antiche. Cosa abbastanza normale dal momento che per depistare eventuali perquisizioni, i trafficanti di antichità spesso mettevano in evidenza oggetti del tutto insignificanti, ma utili per sviare la ricerca. Intanto gli agenti passarono lunghi minuti alla ricerca di eventuali vani nascosti, ma senza successo.

Superato lo studio c’era una grande cucina e dopo una scala a chiocciola che conduceva ai paini superiori. Il seminterrato era diviso in tre vani, un ripostiglio, un magazzino. Fu in quest’ultimo che vennero rinvenute decine di scatole, ciascuna delle quali contenente diversi frammenti di reperti archeologici, molti dei quali ancora sporchi di terra, tutti quanti erano però minuziosamente classificati. L’ultima stanza del seminterrato, era costituita da un enorme laboratorio, molto pulito, nel quale erano presenti diversi strumenti di precisione, prodotti chimici, vernici, solventi, tanto da sembrare un vero e proprio laboratorio chimico. Quest’ultima stanza si prestava molto bene alle operazioni di pulitura e disincrostazione di reperti appena rinvenuti dalla terra, tanto sarebbe bastato ad inchiodare Savoca. Ma non era tutto.

 

Le scoperte incredibili

Gli uomini della squadra interforze che stavano perquisendo la villa di Savoca, non potevano immaginare cosa avrebbero scoperto di lì a poco avrebbero scoperto. Né italiani, né tedeschi e neppure greci, si aspettavano di trovare una piscina profonda cinque metri, lunga sessanta e larga trenta, in un seminterrato. All’interno di questa, in piedi sotto il livello dell’acqua, vi erano una infinità di vasi di tutte le dimensioni. Così Savoca, puliva le gli antichi reperti, immergendovi quelli più grandi dentro una piscina, dove rimanevano alcuni giorni, in una sorta di bagno-maria di acqua e sostanze chimiche, per rimuovere le varie incrostazioni dovute al tempo ed agli agenti atmosferici. La squadra interforze era letteralmente sbalordita. Si trattava infatti di operazioni di restauro su scala industriale. Durante la catalogazione dei reperti, gli inquirenti riscontrarono che la maggior parte dei vasi erano di origine italiana, gli altri provenivano da Grecia e Bulgaria. Vicino la piscina vi erano diverse vasche di plastica con agenti chimici molto aggressivi. Questi venivano usati per rimuovere incrostazioni particolarmente persistenti. L'odore delle sostanze chimiche nei tini era molto forte, nessuno si azzardò a mettervi le mani dentro nel tentativo di estrarne i manufatti in fase di trattamento. Era del tutto chiaro l’utilizzo e lo scopo di quella camera con piscina nel seminterrato. Nonostante l’eccezionale rinvenimento, per i Carabinieri, si trattava soltanto di una delle tante sorprese che avrebbero avuto in quella giornata.

 

Il ritrovamento dei vasi

Accanto la piscina, ordinati su di una fila vicino le vasche, in uno stato di perfetta pulizia, vi erano tre degli otto vasi rubati a Melfi. Il primo raffigurava un giovane nudo, incoronato da un diadema che portava un vassoio pieno di dolci, un altro, una donna incoronata che danzava al suono di un tamburello, Il terzo, riproduceva un guerriero con tanto di armatura, scudo e lancia, mentre parlava.

I vasi erano rimasti danneggiati durante il trasporto verso le Alpi.

Il viaggio degli uomini del colonnello Conforti, si era dimostrato più che utile, indispensabile. Ma ancora una volta, le sorprese non erano finite.

Ancora, risalendo la scalinata di marmo, nella parte superiore dell’abitazione, al primo piano, vi erano le camere da letto e ancora sopra, raggiungendo la mansarda era stata realizzata una camera le cui pareti mostravano una pendenza (dovuta al tetto a spiovere).

In tutta la stanza, erano stati alloggiati centinaia di vasi, steli, lastre di pietra con varie iscrizioni, e ancora: bronzi, statue e mosaici, gioielli, affreschi, di tutte le dimensioni, pervadevano sia il pavimento che le scaffalature montate a parete. La maggior parte di questi reperti erano stati trafugati dall’Italia, ma anche qui, erano presenti reperti provenienti sia dalla Bulgaria che dalla Grecia. Al centro della stanza, i Carabinieri del nucleo tutela dell’arte, trovarono i restanti vasi di Melfi . Al centro della stanza mansardata vi era una scrivania, all’interno della quale furono rinvenuti interessanti – e compromettenti – documenti, che costituivano l’archivio personale di Savoca. Egli stesso registrava, in modo meticoloso, ogni transazione effettuata, inserendole in uno schedario contenente il nome di ogni oggetto acquistato, la data, il prezzo e soprattutto il nome del venditore, con tanto di firma.

 

Ulteriori nuovi indizi sulla rapina di Melfi

Per gli investigatori, tutto questo aveva un valore pari ai reperti rinvenuti, dal momento che rappresentava la prova che inchiodava – ulteriormente – Antonino Savoca e tutti gli altri, alle proprie responsabilità.  Gli uomini del gruppo interforze, trascorse l’intera giornata a repertare quanto rinvento nella villa di Savoca a Pullah, sequestrando tutti i reperti e le documentazioni.

I Carabinieri identificato i vasi Melfi rubati, così come alcuni altri reperti sottratti dal sito archeologico di Scrimbia che fa parte dell'area archeologica dell'antica Hipponion nella calabrese Vibo Valentia.

Dalle indagini che immediatamente vennero svolte quello stesso pomeriggio, i Carabinieri risalirono alla persona che aveva fornito i vasi di Melfi a Savoca. Dopo ore di ricerca, gli uomini del Colonnello Conforti, trovarono quello che cercavano. Nell’archivio personale del trafficante, con tanto di firma inconfondibile, rintracciarono un nome già noto: Luigi Coppola, il capo zona di Casal di Principe che lavorava a fianco dell’uomo il cui telefono era stato posto sotto controllo: Pasquale Camera.

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